Amed, Jemeluk, Aas e Tulamben si sviluppano lungo la strada che fiancheggia la costa. Qualche ristorante, alcuni resort e molti dive center.
Con la moto facciamo un giro e andando verso nord incontriamo un piccolo villaggio. Le donne lungo la strada arrostiscono dei tonnetti interi infilati su dei bastoncini, c’è chi prepara della “porchetta” in un warong, mentre dalla costa partono numerose piroghe per la pesca, barchette costruite in legno e bambù con vele coloratissime tese sotto il vento.
Prima di arrivare al villaggio passiamo un piccolo cimitero a ridosso del mare, le lapidi sono costruite con delle piccole pietre e quasi non si vedono tra l’erba. Poco più avanti incontriamo delle saline. C’è tutta un area dove viene raccolto il sale che viene poi fatto asciugare in giare di vimini o posato sopra del bambù ad essiccare. Viene preparato durante la stagione secca per poi essere venduto in tutta l’isola.
Salendo fin su in cima alla collina si puo’ ammirare tutta la baia e la vista da qui è davvero meravigliosa. Dall’alto si vede il fondo del mare, l’acqua è trasparente e si distinguono chiaramente tutti gli scogli. Le barche al largo sfrecciano sul mare mentre sulla terra ferma tra le nere rocce vulcaniche cresce la vegetazione: alberi, palme da cocco e bouganville coloratissimi.
Ci rincontriamo per cena con Marina e Francesco che hanno battuto in lungo e in largo la costa cercando disperatamente un bancomat senza però riuscirci. In tutta la zona, non c’è la possibilità di ritirare e anche gli internet point scarseggiano, inoltre la sera è meglio cenare presto perchè altrimenti è difficile trovare qualcosa di aperto.
Dato che l’80% delle persone vengono qui per fare le immersioni, tutti vanno a letto presto per essere in acqua alle prime ore del giorno perciò dopo le 22 è difficile trovare un anima in giro.
Sono le 7 del mattino e finalmente siamo pronti per le nostre immersioni. Neuman, il dive master che ci accompagna, ci porta in macchina fino a Tulamben. Io come sempre sono un po’ agitata mentre Paolo non vede l’ora di vedere questo relitto.
Nel 1942 la nave cargo statunitense Liberty è stata abbattuta da un sottomarino Giapponese e si è arenata sulla sppiaggia di Tulamben, dove è rimasta per vent’anni. Poi nel 1963 il vulcano Gunung Agung erutto e la lava spinse il relitto a 30 metri di profondità!
Parcheggiamo e ci avviciniamo alla spiaggia perchè si entra dalla riva. Arrivano diverse donne che si caricano sulla testa tutta l’attrezzatura, le bombole, ceste contenenti erogatori, maschere, pinne, mute e pesi. Camminano elegantemente sulla spiaggia portando sulla testa con apparente tranquillità numerosi kg!
Montiamo l’attrezzatura e ci immergiamo. La visibilità è ottima e dopo poco Paolo mi tocca una spalla per farmi guardare un’ombra gigantesca sulla nostra sinistra. E’ il relitto Liberty!
La prima immersione è sui trenta metri e circumnavighiamo la nave mentre la seconda è sui 18-20 metri ed entriamo dentro il relitto! L’imbarcazione è interamente ricoperta da coralli e alghe e la vita intorno ad essa è impressionante. Numerosissimi pesci coloratissimi, granchi, tonni enormi e branchi di pesci che ci circondano. Non sappiamo a cosa dare la precedenza, se al relitto o alla flora e alla fauna marina. Entrambe le cose tolgono il fiato. Incontriamo una cernia enorme e un barracuda di quasi due metri che con il suo grande occhio ci osserva mentre i suoi denti affilati brillano sott’acqua. Non manca una razza e un grandissimo pesce tipo napoleone, polipi e un immenso giardino di “anguille”. (questo giardino non è altro che una colonia di piccoli pesci molto simili alle anguille che fuoriescono in parte da un foro nella sabbia, sospesi come fossero tante alghe). Poi incontriamo un enorme banco di pesci argentei che si muove creando un grande vortice. Il tutto a pochi centimetri dalla nostra faccia. Il relitto è un po’ mal ridotto ma sotto le incrostazioni marine si distinguono bene, i boccaporti, le porte stagne, le gru e molti altri parti.
Queste sono state di sicuro le due più belle immersioni di sempre!
Ma la giornata non è ancora finita perchè dopo aver salutato Marina e Francesco, che proseguiranno per Lombok e le Gili, noi torniamo verso casa questa volta però seguendo tutta la costa.
Oltre alla vista del mare limpido e cristallino, solcato dalle piroghe da pesca, attraversiamo numerosi villaggi che sembrano essere rimasti fermi nel tempo. Piccoli insediamenti urbani coltivati a terrazze, stalle fatte con paglia e bambù, recinti costruiti con piccoli legnetti infilati nella terra. Roccia nera, erba verde, alberi e qua e là e qualche spruzzata di colore data da qualche bouganville fucsia, rossa o bianca. C’è chi monda il riso, chi porta qualche fascio d’erba sulla testa, chi porta le vacche al pascolo e i bambini che giocano. Un’atmosfera unica, vera.
Da Tulamben fino a Sengkidu la strada è un piacere, per gli occhi e per il cuore e ora so dove vorrei stabilirmi la prossima volta se dovessi tornare a Bali per qualche tempo.
[Purtroppo la lente della nostra macchina fotografica è impazzita e non abbiamo potuto scattare nemmeno una fotografia! Le immagini che vedete sono state prese dal web, abbiamo scelto le foto che più rendono fede a quello che abbiamo visto.]
Un commento su “Liberty wreck, Tulamben”